L’arretramento culturale e la mortificazione della donna.

Quando c’è un’involuzione culturale, ed in questo momento è sotto gli occhi di tutti, il rischio è che le conquiste ottenute da alcune categorie vengano pian piano perse nell’immaginario collettivo e di conseguenza nel quotidiano.

Si è insinuata, per molte ragioni, nella società di oggi una visione della donna e del suo ruolo che le  fa perdere dignità.

Molte battaglie sono state vinte negli anni  e tanti diritti acquisiti, ma, da qualche tempo, complice la TV commerciale e 20 anni di berlusconismo, la donna è tornata ad essere, spesso, usata, marginalizzata e soprattutto violata nelle sue prerogative e nelle sue legittime ambizioni.

Ricondotta ad  oggetto per alcune pubblicità ancorate a concetti di un passato che dovrebbe essere superato e sempre più in difficoltà nell’affermarsi in posizioni di prestigio e di “comando”.

Sulle sue spalle, poi, ancora gravano in massima parte non solo la cura dei figli, ma anche le attività casalinghe e l’aiuto ai familiari anziani. Di contro non vi è alcuna politica che le supporti nell’onorare i vari luoghi giocati nell’ambito di una società sempre più complessa.

In poche parole, le pari opportunità di cui tanto si è discusso, sembra non siano divenute prassi ma soltanto belle parole.

La bellezza e l’apparire sono per l’universo femminile ancora un punto di merito e/o di facile ironia: ricordiamo, ad esempio, quanto sia stata offesa Rosy Bindi per, a detta di alcuni, la sua poca avvenenza ed il dibattito della Moretti sul parrucchiere e l’uso della ceretta…

Sugli uomini è raro che si facciano ragionamenti sull’aspetto fisico e comunque lo trovo altrettanto oltraggioso: l’ironia da Bagaglino sulla statura di Brunetta è, per esempio, inaccettabile. Inaccettabile è ridacchiare su difetti fisici o malattie altrui.

Si cerca di sensibilizzare sui temi della diversità, ma invece noto il pericolo di fare passi indietro.

Il diverso, che sia per il colore della pelle, per la poca avvenenza, per difetti fisici, è sempre guardato o con pietà o con sarcasmo.

E’ vergognoso.

Come donna faccio grandissima fatica a portare avanti le mie attività professionali, di impegno sociale e politico. Mi ritengo, comunque, fortunata nel poter gestire il tutto con aiuti vari, ma c’è chi non ha tali possibilità.

Innanzitutto bisognerebbe educare gli uomini alla collaborazione: in casa e nella cura della famiglia.

Rispetto è anche questo: ridare dignità alle scelte delle donne. Rispetto è giudicarle per il merito, l’intelligenza e la preparazione.

Invece assistiamo, oltre ad una mercificazione maschilista del corpo femminile, anche a disparità mostruose:  la maternità nella libera professione non è tutelata, nei colloqui vengono ancora (mi è capitato) preferiti i maschi, gli orari scolastici non sono adeguati al nuovo modo di svolgere le professioni ma ancorati a quando le mamme erano per lo più casalinghe, gli asili nido un lusso per poche visto il costo di quelli privati e l’esiguo numero di posti in quelli comunali. Per non parlare delle baby sitter. Molto grava sui nonni.

Ed allora la carriera puoi farla facilmente se hai già denari di famiglia o sei figlia di. Altrimenti è dura, molto dura: perciò forse la sera mettiamo i pigiamoni di flanella e la ciabatte comode, ci strucchiamo e ci raccogliamo i capelli col mollettone. E vorremmo essere amate e rispettate non svilite. Perché oltre alle violenze domestiche, fisiche o mentali gravissime, c’è anche quel fare denigratorio imposto dai modelli di una società regredita.

E poi, diciamolo, la violenza non è che l’estremizzazione del pensiero che la propria compagna sia un oggetto da sottomettere, una proprietà che non ha libertà di scelta e che quando lo fa va punita.

E’ da poco passato l’8 marzo: non chiamiamola festa, ho scritto in un precedente articolo: non lo è.

E’ la base di altre battaglie che ci attendono.

E la sfida più grande è quella delle nuove generazioni: educare al rispetto per tutti, educare a darlo ed a pretenderlo. Perché se non si riparte da un progresso culturale saremo sempre usate mezze svestite per vendere prodotti agli uomini, saremo sempre sottoposte a qualcuno, legate a chi ci massacra purtroppo per ragioni economiche, violentate da programmi televisivi trash e poste nella condizione di non raggiungere mai posizioni apicali.

Abbiamo fatto tanto, ma i rigurgiti di maschilismo sono evidenti e non possono essere passati sotto silenzio. Mai.

Il bel corpo può essere per alcune professioni artistiche e simili un mezzo ma non il modello cui aspirare.

E soprattutto non può essere imposto. Chi vuole si rifaccia pure il seno o il naso ma per libera scelta non per senso di inadeguatezza; così pure la maternità deve essere favorita per coloro che ne sentono il desiderio e non per propagande demografiche.

L’universo femminile è complesso e meraviglioso. Non vogliamo incarichi in quanto donne, ma vogliamo poter auspicare ad averli a parità di condizioni.

La battaglia è ancora lunga e dobbiamo essere noi le prime a crederci fortemente.

E allora gridiamo “basta” ad abusi e soprusi di qualsiasi tipo.

E costruiamo un futuro di civiltà. Un futuro radioso per le donne di domani.

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