“Una vita da mediano” e lo sponsor che non hai

Eh sì…accade tutti i giorni, ma non ne parlano nella cronaca dei telegiornali. Perché sono accanimenti e cattiverie che non producono ustioni, ferite o morti. Semmai le cicatrici rimangono dentro.

Non c’è valorizzazione delle risorse in nessun ambito e non c’è rispetto. Se hai la sfortuna di esser nato o capitato nel posto o nel momento sbagliato, probabilmente ti attende una vita da mediano.

Forse c’è chi i piedi non li ha buoni, ma molti hanno gambe forti e cervello fino. Mancano le vere pari opportunità: per emergere devi essere parente o amico di chi conta; non devi assolutamente esprimere opinioni contro la casta dominante che è trasversale e sempre la stessa.

Sei un portatore d’acqua al mulino altrui e, con un po’ di servizievole appiattimento, forse verrai chiamato a ricoprire qualche opportuna posizione.

Il primo comandamento è tacere.

La condizione femminile è anche peggio: sulle spalle la famiglia, figli piccoli e genitori anziani; orari scolastici rimasti ad un’era che non c’è più, quando la maggioranza delle mamme erano casalinghe o si abitava con nonni e zii nello stesso palazzo.

Ora siamo tutti soli e, soprattutto, tutte sole.

Il secondo comandamento è accontentarsi.

Per andare avanti le donne hanno bisogno di baby sitter e talvolta non basta; allora mollano la professione o gli hobbies o le proprie passioni, anche la politica.

Non siamo tutte Clinton, con finanziatori, marito ex Presidente e quindi cognome pesante.

Il terzo comandamento è adattarsi.

I sogni sono irrealizzabili, roba da ragazzini. Gli cambi nome: progetti. Ma anche quelli sono difficili da portare avanti. Ed allora ti adatti o almeno cerchi di farlo.

Però dentro senti che potresti dare di più, fare di più…il difficile è trovare un senso a ciò che fai. Ti piacerebbe canalizzare gli sforzi ed ottenere gratificazioni.

Il quarto comandamento è arrendersi.

La resa non rientra nel mio stile. A volte è l’unica via d’uscita. Mani in alto: ti rapinano la vita.

Te la strappano. La vita che avresti voluto avere e non hai. Qualcun altro l’ha presa: un impostore senza meriti ma con maggiori agganci.

Sei sfrattato. Bandito. Cancellato. Non eri predestinato.

Ed allora il quinto comandamento è il silenzio.

Te ne stai quieto, però la testa non l’abbassi. Smetti di ruggire, non di avere coraggio. E quella grinta la metti nell’esistenza che avresti voluto e che non hai.

Perché le opportunità non sono pari per tutti e anche chi non ha piedi buoni diventa attaccante senza meritarlo.

Chi nasce attaccante rimane tale. E’ tutto talento sprecato. E non serve arrabbiarsi con l’amarezza dei “se” e dei “forse”. Il mondo è sempre stato così. D’accordo. Però, forse, arriverà un momento in cui  la palla non la porterai per nessuno e non starai lì in mezzo, sempre lì nel fango o sotto la pioggia.

Attaccherai gli scarpini al chiodo, nell’indifferenza generale . Unica consolazione l’averci provato.

E dopo tutti quegli affanni, vedere che non è cambiato nulla.

Giocano e giocheranno sempre gli stessi e segneranno goal senza nemmeno ringraziare la squadra.

Gli altri, i meno fortunati staranno in panchina. Nemmeno li faranno provare.

Chissà quanti rigori avrebbero segnato!

Non lo sapremo mai.

Questa è l’oligarchia, l’oligarchia di una società che non da spazio ai normali cittadini, ai professionisti, alle donne, ai diversamente abili. Questa è un’oligarchia che perpetua le sue caste.

Perché per arrivare serve sempre uno sponsor.

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