Tutto in uno spot?

La politica specchio della società o viceversa?
E’ un intreccio. Un intreccio che parte da lontano, da quando l’approfondimento culturale è stato inteso come noioso; gli intellettuali descritti come pesanti e la conoscenza un di più.
L’imbarbarimento dura da decenni: un po’ per l’avvento globale delle tecnologie non sempre adeguatamente usate; un po’ per l’influenza delle televisioni commerciali e delle bombe pubblicitarie che ci hanno quasi imposto il superfluo come essenziale e, come risultato di questi ed altri aspetti, un appiattimento di contenuti e di linguaggio.
Il vocabolario di molti si è ridotto e spesso vengono usate parole scurrili ed offensive, spesso in modo del tutto gratuito.
La velocità di lingua e di azione sono diventati valori in sé.
Ciò che ne è venuto fuori è sotto gli occhi di tutti: non vi è più tempo per la riflessione ed il giudizio razionale. L’informazione è ridotta alla lettura di un titolo di giornale (e quali poi!) ed alla consultazione di siti poco seri o addirittura devianti, soprattutto in ambito sanitario (doppiamente pericoloso!).
Bisognerebbe recuperare il tempo. Insegnare ai ragazzi che non tutto è riconducibile o spiegabile in un sms o in un tweet; che queste forme comunicative non sono da demonizzare ma che accanto ne esistono altre. Forme che richiedono pazienza.
La politica rispecchia la società e la società, in un circolo fatale, ama quel tipo di politica.
La differenza è la fatica e l’impegno. Eh sì, perché prepararsi, leggere, capire sono attività che soltanto con il sacrificio si possono affrontare.
Ne dovrebbe conseguire il rispetto per chi è sapiente, per quelli che amano la discussione, magari lunga ed, a prima vista, “barbosa”. Ne dovrebbe conseguire la volontà del confronto, anche duro, che addivenga ad una sintesi senza che l’uno debba per forza svilire l’altro o mortificarlo.
Ma l’eleganza si è persa. E si è perso il gusto della contrapposizione dialettica.
Si improvvisa. Si corre senza sapere spesso dove andare.
Perché il traguardo si fissa prima, prima di iniziare la gara. Ed anche il percorso è segnato.
Se questo esiste allora, sì, vince il più veloce. Ricordiamo però che esistono altre discipline: ad esempio la corsa ad ostacoli, il salto in alto, quello in lungo dove contano concentrazione e precisione.
La precisione nasce dall’allenamento. La mente si allena non solo il fisico.
Invece mi sembra di vedere una folla di improvvisatori che si affannano senza sapere dove è l’arrivo.
Riprendiamoci il tempo. Riprendiamoci l’essenziale. Riprendiamoci il linguaggio.
L’Italia degli slogan, delle promozioni dei materassi, della prevalenza dell’avere sull’essere ci ha portato sin qui. Il mondo delle diseguaglianze ci ha portato qui.
Chi detiene la ricchezza ha venduto “oppio”…ha distratto i giovani, coloro che dovevano formarsi al Bello, alla Verità, all’Osservazione. Tutto viene espresso come in uno spot: i programmi politici, le informazioni sulla salute; addirittura la “cultura” espressa in brevi frasi che tutti condividono sui social senza conoscerne il libro da cui sono tratte o gli autori citati. Magari sbagliando tutto per aver consultato i siti di aforismi.
Le tecnologie sono utilissime ma vanno usate correttamente e non devono prendere il posto dello studio, del saper scrivere una lettera oltre i 140 caratteri.
Non si torna indietro, non si deve e non si può, anche perché l’uso corretto di Internet si è rivelato importantissimo, ma non perdiamo il passato. Non dimentichiamo la Storia e non dimentichiamo il confronto.
Questa è la lezione più importante da dare ai nostri figli ed alle generazioni che verranno.
Ed è anche la nostra sfida. La sfida di tutti.

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