L’aria è pesante.
Si attende leggendo, riflettendo e cercando di mettere in ordine le idee.
Di nuovo bugie, di nuovo troppi mistificatori in campo, di nuovo il tentativo di ridurre a banalità discorsi complessi…
Da un lato i finti avversari della scissione, quelli che in realtà vorrebbero levarsi dal groppone un pezzo di partito critico ma di grande spessore politico. Forse non nel numero di tessere o di deputati ma certamente nel comprendere il malessere sociale in primis, della base elettorale e dei militanti/dirigenti locali poi.
Questi personaggi riducono tutto ad odio personale, ad inimicizie e questioni superficiali, come la data del congresso, ad esempio, per allontanare l’attenzione dal vero cuore del problema.
Vogliamo comprendere perché si è arrivati sin qui?
La lista è lunga: sicuramente l’assoluta mancanza di dibattito democratico e la completa incapacità, anzi volontà di fare sintesi. Mai si è aperta una vera discussione sugli errori e sulle mancanze non di Renzi ma dell’intero PD: l’attuale classe dirigente ha deciso di non avere colpe e non ha dato l’opportunità neppure a chi voleva fare autocritica di poterla fare. Ha impedito che si portasse avanti un’analisi delle criticità in generale.
Perché il tema su cui disquisire non è ovviamente soltanto questa leadership ma molto di più.
La discussione dovrebbe andare oltre: i motivi dell’antipolitica, la fuga dalle urne, il vuoto delle sezioni, l’abbandono dei territori. E, soprattutto, l’abbandono e lo stravolgimento di un vero programma di Sinistra.
Che poi è un unicum per chi volesse tentare di districare la matassa.
E’ chiaro che le criticità c’erano già prima del 2013, è chiaro che se si sono affermate forze come i 5 stelle non è soltanto colpa di Renzi e di questa gestione del PD…
Se non si ripercorrono almeno gli ultimi 10 anni di cammino, se non si rimettono in fila le priorità e le motivazioni di alcune fratture, lacune e mancanze, allora non si fa Politica. Non si può governare un Paese.
Eppure questo esercizio di analisi viene scansato. E mentre alcuni sono pronti anche a riconoscere di non aver dato il meglio in alcune fasi, altri si ritengono perfetti e con arroganza rimuovono ed allontanano l’unica via di salvezza.
Ecco perché il nodo non è una data, non è la percentuale del PD nei sondaggi e non sono nemmeno le persone…
Bisognerebbe focalizzarsi sul tutto, ripercorrere la storia e comprendere quali battaglie si sono abbandonate; quale cammino riformista è stato lasciato a metà facendo emergere altre forze politiche, altri movimenti che, almeno all’apparenza, riescono a farsi sentire vicini dalla gente.
La domanda è come si viene percepiti e come possa aver preso il sopravvento un linguaggio mirato alla “pancia”, proposte cupe e minacciose. E tale discussione avrebbe bisogno di una sintesi subito, prima di venire spazzati via da improvvisatori che hanno raccolto il vuoto incolmabile lasciato da altri.
E quel vuoto è stato colmato. Male, certo, ma riempito da vortici di parole e slogan.
Invece di puntare a fare la differenza, l’attuale classe dirigente ha seguito quella via, la via facile. Ed allora frasi ad effetto, parlantina a mitraglietta, promesse demagogiche, eccetera.
Quel vuoto Renzi l’ha riempito con la sua persona. Lui era l’uomo nuovo, quello che risolveva tutti i problemi del Paese. Ed ha cominciato a fare riforme a colpi di fiducia puntando sulla lealtà di deputati e senatori.
Fino al Referendum quando ha sbagliato nel merito e nel metodo.
E allora ecco perché è importante fare un Congresso serio senza fretta di arrivare ad un nome, ma volendo arrivare ad un programma, ad un rinnovamento…
La data è un mezzo. Il tempo è un mezzo. La rinascita del partito è il fine.
Basta personalismi. Ci vogliono le idee. Ci vogliono proposte. Il resto poi arriva.
Se c’è buonsenso. Se c’è la volontà.
Spero che il PD lo recuperi presto il buon senso…