Sabbie mobili

Credo che l’essere umano per sua stessa natura abbia bisogno di stimoli, di qualcuno cui ispirarsi e di far parte di una comunità.

Soprattutto ha bisogno di “appartenenza”, di riconoscersi in un progetto, in un’idea, in una religione e ciò per reagire al senso profondo di solitudine provocato dalla mancanza di condivisione.

Il pericolo è quello del non sapersi distaccare e di vivere se stessi soltanto in quanto parte di altro da sé; il pericolo è incanalare la propria esistenza soltanto in alcune aspettative non differenziando i propri interessi o perdendo di vista le priorità.

Troppo spesso attendiamo da fuori ciò che dovremmo aspettarci da noi stessi, dalle nostre emozioni e dalla nostra volontà. Risucchiati in un baratro che ci fa apparire inutile tutto ciò che non rientra nelle “passioni” del momento.

Se fallisce quel progetto, fallisci interamente tu.

Ci vuole distacco e presa di coscienza; mente fredda e raziocinio.

La forza della fede in qualcosa o qualcuno non può in alcun modo obnubilare la capacità critica; non può farci diventare ciechi di fronte alla realtà.

A me piace il concetto di lealtà più che di fedeltà. La fiducia assoluta azzera le capacità di giudizio e non fa del bene al fine che ciascuno si prefigge.

Inoltre, appare ben chiaro, che con un certo distacco gli eventi appaiono più chiari, più oggettivi e per questo possono essere validati in modo direi scientifico.

Tutto ciò non è chiaramente disimpegno, anzi, ma la giusta distanza da ciò che potrebbe renderci impermeabili al resto del mondo che ci circonda… un mondo fatto di suggestioni e di aspetti spesso ancora inesplorati.

Insomma, le energie vanno ben dosate e mai tralasciati gli aspetti quotidiani che diamo per scontati.

Perché un essere umano lo è a 360 gradi e se è vero che i tuoi valori ti rappresentano, non bisogna per questo azzerare i sentimenti, i dubbi e le incertezze.

Non si è meno forti se ogni tanto ci si mette in discussione o si mettono in discussione scelte che sembravano dover durare per sempre.

Mi spaventa l’adesione completa e irrazionale senza che mai vi sia un minimo cedimento, un angolo della mente che ci ispiri qualche perplessità.

Naturalmente ciò non va confuso con l’abiurare ai principi etici che guidano le nostre vite, che abbiamo scelto come modello del nostro io.

La confusione è nella prassi: il confondere le scelte contingenti con ciò che non lo è.

Mai bisognerebbe confondere le idee con le organizzazioni e con gli uomini che le rappresentano in quell’istante. E questo è il male di sempre: aspettare che qualcuno pensi per te, parli per te senza chiedere altro. Assistere, insomma, inermi che qualcun altro ti apra la via.

Seguire dogmi, applaudire idee e lasciarsi trasportare senza mai mettersi alla guida ed in questo rincorrere perennemente delegare la propria capacità decisionale e sotterrare i propri talenti.

Nel frattempo la vita fugge e sfugge al controllo personale: le aspettative scendono finché ci si accorge di aver sprecato tempo. Perché noi siamo fatti di mille sfaccettature, siamo parte di più comunità ed abbiamo più ambiti dove impegnarci.

Allora è meglio vivere l’unica esistenza che ci appartiene che quella di altri. Perché alla fine il mondo cambia se cambiamo noi. E non si può in nome di nulla sotterrare la rabbia, il dissenso, le capacità personali ed i sentimenti più cari.

Ci ritroveremmo in quelle sabbie mobili anche noi, impossibilitati a muoverci ed a scegliere.

In una parola: vivere la quotidianità è l’unica via per non perdersi. Tutto passa. Tutto scorre.

Ma qualcosa rimane negli occhi dei nostri figli e di chi amiamo. E la vera battaglia è proprio quella di lasciare in quello sguardo tutta la bellezza dell’universo e tutte le opportunità senza auto imprigionarsi.

Perché a volte le passioni sono mal risposte e invece di dare soddisfazioni, tirano giù.

Proprio come le sabbie mobili.

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