“Insieme”, giusto, ma come?

Dunque, c’ho messo un po’ a raccogliere le idee. A caldo (in tutti sensi) avevo paura che il “vino rosso” del 1° luglio non riuscisse ad essere assaporato bene ed ho pensato di farlo decantare qualche giorno.

Al netto della lettera di personaggi dello spettacolo (facessero il loro mestiere che è meglio), dell’appellativo “happening” ed altre stravaganze che non mi sono piaciute (ma io so’ pesante, lo so) e che fanno tanto M5S, sono ancora dell’idea che la Sinistra per avere un’opportunità (l’ultima?) debba riunirsi sotto un medesimo progetto.

E’ indubbio e sotto gli occhi di tutti che le sfumature son tante, troppe e che alcuni soggetti vengano declassati o messi ai margini rispetto ad altri, almeno così pare a tanti.

I malesseri, siamo sinceri, ci sono, e non è con una tifoseria da stadio o con la fedeltà ad un leader che si supereranno. Preferirei lealtà.

Ora: io non impazzisco per Pisapia, come molti. Non mi appassiona e non mi è chiaro. Non riesco neppure a comprendere perché è stato incoronato federatore: forse ha fatto come Napoleone mettendosi da sé la corona? Non so. Sospendo per un attimo il giudizio e pongo la mia attenzione sulle vere priorità.

Mi ripeto: dobbiamo dare massima rilevanza al programma. E qui ci vogliono gli attributi di Bersani (mi perdonerà l’ardire il caro Pier Luigi): sanità universalistica, diritto alla salute per tutti, progressività fiscale, reintrodurre la tassa sulla prima casa per chi può pagarla, incentivare investimenti, innovazione, ricerca e quindi creare occupazione, riformare il mondo del lavoro, dare un senso al percorso scolastico e universitario oramai impoverito dal Governo Renzi (e da altri prima di lui).

Questo serve alla società.

Come? Gruppi di studio seri, elenco delle professionalità interne al nostro mondo che possano dare a vario titolo un serio contributo. Proposte dal basso verso l’alto. E, non mi stancherò mai di ripeterlo, i referenti nazionali devono andare anche nei piccoli centri quelli maggiormente in crisi, soprattutto laddove non vi siano rappresentanti istituzionali di Articolo Uno. Mi si perdoni la critica: la loro presenza è quasi sempre nelle medesime zone, magari “in coppia”, mentre altrove regna il vuoto.

Il senso di appartenenza si crea così: con la partecipazione, con il coinvolgimento e con l’orecchio al territorio.

Per far tutto ciò serve un’organizzazione: inutile ripetere che il sistema partito è superato. Dissento! Si può essere movimento anche con delle solide strutture perché lo spontaneismo fa battere il cuore ma non è un metodo da utilizzare nel lungo periodo. Ognuno farebbe come vuole. Risultato: il caos.

Movimento vuol dire camminare, attivarsi, coinvolgere ed ascoltare la piazza non soltanto parlare da un palco.

Bisogna essere incisivi. E non si creda di quantificare un gradimento dalle decine di gruppi sui social dove transitano sempre le stesse persone! Sono fenomeni di nicchia…

Tra l’altro stiamo ragionando senza sapere il destino della legge elettorale: altro bel macigno.

Il vino rosso è decantato, non sa di tappo: è buono, anche se fa caldo. Ora non ne facciamo un rosato. Non lo trasformiamo in aceto.

Chi deve decidere? Bisogna avere una metodologia anche in questo.

Non vogliamo ricadere in quella che molti chiamano la “trappola” delle primarie. Bene. Allora come? Chi?

I mesi passano, siam nati da poco, vero, ma ricordiamoci che è proprio l’entusiasmo iniziale che sa dare i migliori frutti… Dopo si rischia di perdere chi si era riavvicinato e chi pensava di aver trovato la propria casa.

Mi si accuserà di non dare risposte. Di proposte ne avrei, ma non so con chi confrontarmi.

C’è confusione. Chi ha le Officine, chi va al Brancaccio, chi pensa allo scioglimento di Articolo Uno, chi non dorme causa incubi sulla leadership… ma il soggetto di questa leadership lo vogliamo mettere a punto?

Non puoi metterti alla guida di un autoveicolo se non è ben costruito: il motore, cioè il programma condiviso è la parte più importante, insieme ad una buona tenuta degli pneumatici su strada ma, soprattutto, non deve essere un due posti ma un autobus dove far salire chiunque abbia una stessa visione.

E allora, si dia la parola a tutti. Si dia voce a chi sinora non si è potuto esprimere.

Si ridia dignità alla militanza, quella vera, alla discussione nelle sedi opportune. E soprattutto si cominci a capire che anche un “portavoce” deve piacere alla sua comunità. Inutile fare gli ipocriti. Dissipiamo i malumori e gli interrogativi, perché se perdiamo questo treno non sappiamo né quando né se ne passerà un altro. Questo dovrebbe bastare a far allungare il passo.

Comments

  1. silbi says:

    Finalmente Bersani (e Pisapia con qualche timidezza di troppo) sono arrivati a dire ciò che Civati e Fratoianni dicono da due anni. Bene: allora date loro retta, sedetevi a scrivere un programma. E fatele le primarie: se organizzate con criterio (albo degli elettori con diritto di voto) non sono affatto una trappola, ma un esercizio di democrazia

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